Orario di Lavoro: Nuove disposizioni
[6/11/2015] Franco Il 25 novembre dovrà entrare in vigore il riallineamento alla normativa europea da parte delle Regioni con l’abrogazione delle illegittime precedenti disposizioni in tema di orario di lavoro dei medici dipendenti.
Data:
7 Novembre 2015
[6/11/2015]
Le norme immediatamente esigibili dai medici in merito all’orario di lavoro ed ai riposi sono:
– Rispetto del limite massimo di 12 ore e 50’ di lavoro giornaliero.
– Rispetto del limite massimo di 48 ore di durata media dell’orario di lavoro settimanale, compreso lo straordinario. (38h + 10h)
– Rispetto del limite minimo di 11 ore continuative di riposo nell’arco di un giorno.
Nella bozza delle Regioni si chiede che tale disciplina dovrà:
a) essere riferita esclusivamente al personale addetto ai servizi relativi all’accettazione, al trattamento ed alle cure delle strutture ospedaliere;
b) essere finalizzata a garantire la continuità assistenziale;
c) consentire riposi inferiori alle undici ore esclusivamente previo esperimento da parte delle regioni e degli enti del Ssn di tutte le misure organizzative che consentano la razionalizzazione delle strutture e l’ottimizzazione delle risorse umane a disposizione attraverso, tra l’altro, una opportuna riorganizzazione dei turni e di piani di lavoro e la previsione del servizio di guardia per aree funzionali omogenee al di fuori delle tipologie assistenziali nelle quali l’allegato 2 ai CC.CC.NN.LL. del 3.11.2005 prevede la guardia per unità operativa;
d) individuare, in rapporto alla finalità di cui al punto b), le tipologie di fattispecie ricorrendo le quali può essere consentita la deroga alle disposizioni in materia di riposo giornaliero; in particolare:
• al fine di assicurare la continuità terapeutica, dovrà essere contemplata la possibilità di prevedere la presenza del dirigente medico operante nei servizi di degenza anche precedentemente all’ inizio del servizio di guardia attiva notturna, a condizione di garantire allo stesso dirigente almeno otto ore consecutive di riposo tra i due periodi di attività;
• dovranno essere consentiti riposi inferiori ad undici ore in presenza di eventi eccezionali e non prevedibili, o assenze improvvise, determinati, ad esempio, da prolungamenti di interventi chirurgici, malattie o infortuni, situazioni di urgenza, etc;
e) indicare i criteri per l’individuazione delle “ragioni oggettive” che possono impedire la fruizione di un periodo di riposo compensativo pari a undici ore, individuando nel contempo adeguate misure di protezione del personale interessato;
f) individuare, in relazione al rispetto delle undici ore di riposo consecutivo, gli istituti esclusi dal computo dell’orario di lavoro in quanto le relative attività non sono riconducibili alla definizione dello stesso orario di lavoro data dall’articolo 1, comma 2, lett. a) del medesimo decreto (ad esempio attività di carattere volontaristico, la partecipazione ai corsi di formazione, a determinate commissioni, a comitati scientifici, etc);
g) definire le modalità di computo del riposo in rapporto alle attività lavorative rese dal personale in servizio di pronta disponibilità tenendo presente che tali attività sospendono e non interrompono il riposo;
h) individuare, ferma restando la necessità di reintegro dell’equilibrio psico fisico del dirigente anche in funzione della tutela degli utenti, le tipologie di attività libero professionale che in rapporto al concetto di orario di lavoro definito dall’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. 66/2003 e dell’articolo 2 della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003 devono essere escluse dal computo dello stesso orario di lavoro al fine della determinazione della durata del riposo giornaliero di undici ore;
i) stabilire che i criteri per l’attuazione delle clausole della contrattazione collettiva nazionale in materia di deroghe al riposo giornaliero siano definiti in sede di contrattazione integrativa;
Inoltre, con riferimento all’articolo 4 del D.lgs. 66/2003, la contrattazione nazionale dovrà indicare la possibilità da parte della contrattazione integrativa di elevare da quattro mesi fino a sei mesi, ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, il limite di quattro mesi, previsto come periodo di riferimento per il calcolo della durata media di quarantotto ore settimanali dell’orario di lavoro.
Le ragioni dovranno riguardare le seguenti fattispecie:
• la carenza di personale;
• la necessità di garantire la continuità assistenziale distinguendo servizi con turni h 24 e h 12;
• il rispetto del vincolo economico relativo alla spesa del personale di cui all’articolo 2, commi 71 e 72 della L. 191/2009, come modificata dall’articolo 1 legge 190/2014.
Vista la probabile difficoltà di pervenire nei termini alla stipula di un contratto di lavoro, nella bozza si invita l’Aran ad attivare la procedura prevista dal Dlgs 66/2003 per l’adozione da parte del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, di concerto con il Ministro del Lavoro, di un decreto che, nelle more della disciplina collettiva, determini le deroghe alle previsioni di cui all’articolo 7 dello stesso Dlgs. 66/2003 riguardanti il diritto del lavoratore alle undici ore di riposo consecutivo ogn ventiquattro ore.
Da parte medica, la sensazione è che questo adeguamento non avverrà e che l’unico strumento per far valere i propri diritti sarà la via dei ricorsi. Infatti, non sembra il Ministero o le Regioni abbiano particolare fretta di trovare una soluzione che la direttiva europea impone e che il Parlamento ha accettato.
Né si vedono segnali che portino all’aumento delle piante organiche (almeno 3000 unità) tele da permettere la regolare applicazione della normativa.
Anche perchéil diritto all’adeguato riposo è mirato alla salvaguardia della salute ed anche alla sicurezza delle cure per il cittadino.
Perciò dal 25 novembre, per legge (la numero 161 del 30 ottobre 2014)occorre mettere fine alla violazione della direttiva europea 2003/88 sugli orari di lavoro.
In caso contrario, l’’unica possibilità resta quella di fare ricorso, non contro la propria Azienda, ma nei confronti dello Stato per la violazione della direttiva europea.
Ultimo aggiornamento
7 Novembre 2015, 06:48