Il documento depositato durante l’audizione del Sindacato in 3a Commissione regionale pugliese (Sanità)
ussmo [22/03/2016]: Si ringrazia per questo invito ricevuto dal Presidente della Commissione Sanità dottor Giuseppe Romano e vi aderiamo con il rispetto dovuto all’Organismo regionale.
Data:
23 Marzo 2016
Questo, però, non ci esime dall’essere molto critici sulle modalità di gestione della vicenda “Piano di Riordino Ospedaliero” da parte dell’amministrazione regionale e ribadiamo quanto già espresso nel documento Intersindacale del 25/02/2016, che abbiamo sottoscritto, e nel quale abbiamo espresso la nostra contrarietà per il modo in cui tutta la vicenda è stata trattata e portata a termine, e che non ci ha visto coinvolti in maniera preventiva in alcuna forma.
E, nello stesso incontro che abbiamo avuto il 27/02/2016, su invito del Presidente Emiliano, e con il Direttore Generale Gorgoni, ed al quale abbiamo aderito per garbo istituzionale, assieme alle altre OO.SS. presenti, abbiamo ribadito la nostra presa di distanza da un Piano di riordino deciso a tavolino e senza alcun confronto con noi tecnici.
Abbiamo però concordato con il presidente Emiliano dei punti per un confronto futuro.
Quest’oggi, U.S.S.M.O. conferma questa posizione di distanza, ribadendo con forza che la responsabilità del Piano di Riordino, per quanto ci riguarda, resta in capo alla Giunta ed alla politica regionale.
Per entrare nel merito della questione diciamo che si tratta del terzo piano di Riordino varato in Puglia in poco più di un decennio, il che dimostra come tutti i governi regionali che si sono susseguiti hanno adottato il riordino ospedaliero come sistema per fare cassa. Così è stato con gli Onorevoli Presidenti Fitto e Vendola ed adesso con il Presidente Emiliano.
Noi non vogliamo entrare nelle decisioni dei tagli perché non conosciamo le carte, visto che non siamo stati coinvolti preventivamente, ed ora è tardi per essere ascoltati nel merito.
Né vogliamo difendere campanili.
Ma qualcosa dobbiamo dirla per rispetto alla Commissione che ci ha convocato ed ai Cittadini e Colleghi che subiscono questa manovra.
1) Con questo piano vi sono realtà con grande popolazione che subiscono una penalizzazione dei propri ospedali. Chiudere ospedali in città con 60.000 abitanti e che, facendo un calcolo aritmetico a 3,7 p.l. per 1.000 abitanti avrebbero meritato un nosocomio con oltre 200 p.l., è difficile da digerire. Perché questo porterà inesorabilmente al sovraffollamento nei ricoveri ed all’allungamento delle liste di attesa delle strutture rimaste in funzione.
Né può essere di conforto la constatazione che vi erano reparti con un case mix molto basso, perché la scelta dei primari e degli investimenti è sempre stata operata dai Direttori Generali, che sono espressione soltanto della politica.
Fermo restando il concetto che il diritto alla salute è una prerogativa costituzionale per ogni cittadino, non si comprende la motivazione per la quale una popolazione importante nel numero debba migrare in altri centri sovraffollandoli. Questo non potrà che incidere negativamente sulla qualità dell’assistenza.
I cittadini residenti in zone disagiate o a bassa densità abitativa, hanno tutto il diritto ad essere curati ma, salvaguardando la loro sicurezza, sarebbe stato opportuno creare una rete dell’emergenza (elicottero, ambulanze, punti di primo soccorso) afferente ad un ospedale di riferimento zonale che non avrebbe dovuto essere una cattedrale nel deserto ma avrebbe dovuto ricevere adeguati investimenti, in risorse e personale, tali da garantire reparti e primari e personale di eccellenza che possano essere competitivi nell’attrarre pazienti da altre parti della regione.
2) Entrando nello specifico del Piano, non si trovano inseriti nella grafica le Emodialisi e i Centri Trapianto, forse a causa di un refuso.
3) Come non si trovano per il Policlinico il Pronto Soccorso, la Cardiologia d’Urgenza sede della Centrale di Telecardiologia, la Centrale 118, la Sezione Detenuti, la Tipizzazione Tessutale
Mancano, inoltre, una serie di UU.OO. stabilite nel vigente Protocollo d’intesa Regione Università (es. Igiene, Neurofisiopatologia, Med. Del Lavoro, Med. Legale, Patologia Clinica Univ.).
Ed ancora il Pronto Soccorso del Giovanni XXIII. Mancano 40 letti di neurologia, 6 letti di Ematologia per trapiantati di midollo osseo, 5 posti di Terapia Intensiva Postoperatoria in Cardiochirurgia, 8 posti di Fibrosi Cistica.
4) Non si capisce, poi, la logica con la quale sono stati cancellati i posti letto di Chirurgia Plastica nell’IRCCS Giovanni Paolo II dopo che si era attivata la prima Breast Unit in Puglia e la U.O. in parola ne è asse portante. Come è possibile avere scarsa attenzione nei confronti delle donne affette da tumore mammario che già provate psicologicamente dalla patologia e dalla mutilazione chirurgica non devono, da subito, vedere ricomposto l’organo operato attraverso il reimpianto di protesi o l’applicazione di espansori?
E come può un ospedale oncologico di eccellenza non avere una struttura dedicata per operare i Melanomi la cui prognosi è spesso legata alla qualità del primo intervento?
Dobbiamo ritornare a vedere i pazienti che vanno ad operarsi al Nord? Ed ancora, a soffrirne sarà tutta la chirurgia ricostruttiva di ausilio alla chirurgia generale, otorino, ginecologia.
5) Altro tema dolente riguarda le UU.OO. di Gastroenterologia pubbliche così drasticamente ridimensionate a fronte di una disciplina che nel quinquennio 2010/14 ha visto le malattie gasto-intestinali, pancreatiche ed epatiche essere in Italia la seconda causa di ricovero in acuto dopo quelle cardiovascolari. E già allora, per il limitato numero di posti letto, quasi il 93% dei ricoveri avveniva su posti letto di altre discipline. E’ auspicabile un ribilanciamento dei posti per questa disciplina in favore degli ospedali pubblici ai quali la gente ricorre in urgenza con grande frequenza.
6) Altro caso emblematico che vogliamo portare all’attenzione e sul quale non siamo d’accordo è la chiusura dell’U.O. di Neurochirurgia del Di Venere nonostante gli eventi traumatici siano una prassi quotidiana e l’allungamento della vita porta a incidenti vascolari cerebrali in crescita. Troppo pochi sono i posti rimasti di neurochirurgia e nessuno nella ASL BA (la più grande della Puglia).
Ritornando ad una analisi di ordine generale, USSMO vuole, invece, spostare l’ottica del problema e far capire alla politica che questi riordini continueranno ancora fintanto che non si riuscirà ad ottenere un adeguato riparto del fondo sanitario nazionale per la Regione Puglia. Noi siamo convinti, e lo diciamo da tempo, che la Puglia ed il Sud sono finanziati in modo inadeguato e fa specie verificare come non si riesca a fare squadra per costringere il Governo a rivedere la modalità di spartizione delle risorse.
Riteniamo che con queste risorse la Puglia non potrà garantire adeguati Livelli Essenziali di Assistenza. Tutto questo porterà anche ad un aumento delle disuguaglianze nell’accesso alle prestazioni sanitarie da parte dei cittadini, specie i meno abbienti, con dati statistici che dimostrano come alte percentuali di cittadini rinuncino a curarsi perché non riescono neanche a sostenere la spesa dei ticket.
E, lo stesso decreto appropriatezza, varato in maniera inopportuna da parte del Governo, mette in grossa crisi specie la popolazione affetta da patologie croniche che sarà costretta a pagare di tasca propria esami che servono a monitorare nel tempo lo stato delle patologie.
Non è questa la sede per tale discussione ma, anche qui, ribadiamo che valutare cosa è o non è appropriato in medicina è una decisione che spetta al medico e non ai burocrati!
Inoltre, questo piano di riordino è attuato in una regione nella quale i posti letto sono già sottodimensionati rispetto alla media nazionale. Infatti, a fronte di 3,7 p.l. per mille abitanti come media prevista dalla norma, in Puglia si scende a 3,2 p.l. per 1.000 abitanti.
Mancano circa 2.000 posti letto all’appello, per essere in pari con quanto previsto. Tutto questo si traduce nel sovraffollamento delle strutture ospedaliere con UU.OO. che scoppiano per la presenza di barelle, illegali ma necessarie, ed in una gestione dell’assistenza in affanno da parte del personale che, a causa del sottodimensionamento dovuto al decennale blocco del turnover, lavora allo stremo delle proprie forze.
Ed è così vero questo assunto che l’adeguamento alla normativa europea sul rispetto dell’orario di lavoro da parte del personale sanitario sta portando a innumerevoli problemi nelle strutture perché non si riescono, spesso, a predisporre adeguati turni di servizio per mancanza di personale. Carenze di organico che sono la vera causa dell’allungamento delle liste di attesa e lo dimostra il fatto che nonostante gli innumerevoli artifici escogitati dai governi, queste sono in continuo aumento.
La posizione di USSMO a tal proposito, dal 2013, è sempre stata molto critica, specie quando si pensò di contrastare il fenomeno delle lunghe liste di attesa con le prestazioni aggiuntive. Anche lì tentammo di dimostrare come è solo attraverso le assunzione dei medici (e dell’altro personale carente) che si può modificare il trend in crescita delle liste di attesa. Non serve a nulla fare turni aggiuntivi in una struttura con organico sottodimensionato. Alleghiamo alla presente gli articoli di stampa che dimostrano la nostra presa posizione dall’inizio della decisione.
La stessa cosa viene detta ora anche da regioni virtuose come l’Emilia Romagna.
Allo stesso modo siamo fermamente convinti che la difficoltà di effettuare i ricoveri per indisponibilità di posti letto, specie in alcune branche specialistiche, in aggiunta alla carenza degli organici, porterà ad un ulteriore aumento della mobilità passiva verso il nord.
Questo sarà un ulteriore regalo economico alle regioni del nord che già godono di un più favorevole riparto del fondo sanitario nazionale.
La carenza di medici e operatori sanitari è molto grave in Puglia. Si pensi che nell’ultimo quinquennio oltre 6 mila operatori sanitari sono andati in pensione e non sono stati sostituiti e che il nostro sistema presenta circa 20.000 addetti in meno rispetto a regioni, come l’Emilia Romagna, che hanno quasi gli stessi abitanti della Puglia.
Emilia Romagna che gode, tra l’altro, di un maggior finanziamento che tra ripartizione del fondo e mobilità passiva dalle regioni del Sud raggiunge un valore di oltre 1 miliardo e seicento milioni di euro in più rispetto a quello pugliese.
La carenza di personale è così marcata, specie nel settore dell’Emergenze Urgenza che è ormai prassi consolidata la presenza di molte centinaia di medici e infermieri precari e, in alcune strutture della nostra regione, ci si rivolge addirittura a Società Private per l’acquisto di ore di lavoro effettuate da medici ed altro personale sanitario.
Diventa inoltre improcrastinabile attuare una reale riforma della Medicina del Territorio attraverso un adeguato finanziamento della stessa così come previsto dai Piani Sanitari Nazionali e Regionali.
Questo permetterebbe al Territorio di fornire ai Cittadini tutte quelle prestazioni che vengono impropriamente chieste all’ospedale e, attraverso una corretta integrazione tra ospedale e territorio si potrà assicurare la continuità delle cure, le prestazioni territoriali di primo livello, la gestione domiciliare del malato cronico.
Solo l’attuazione di questi investimenti porterebbe ad un notevole risparmio della spesa sanitaria.
Ancora, vogliamo sottolineare il gap strutturale e tecnologico della nostra regione in confronto a quelle del nord, tutto ciò rappresenta un ulteriore incentivo all’attuazione della mobilità passiva.
Né può essere sufficiente ad arginare il fenomeno l’individuare alcune nostrane realtà di eccellenza che mantengono questi standard solo per l’abnegazione del personale che in esse vi operano e nonostante i finanziamenti veramente esigui.
Lo stesso ricorso alle strutture private accreditate a cui potrebbe essere concesso l’utilizzo di strutture ospedaliere dismesse non ci vede convinti sul reale risparmio della spesa perché se è vero che il posto letto in tale strutture costa meno, bisogna verificare il tipo dei ricoveri, solitamente di complessità minore, gli standard di qualità delle prestazioni e gli standard di assistenza e di personale impiegato.
Noi, strenui difensori del Sistema Sanitario pubblico non riteniamo che sia questa la strada giusta, anche perché si tratta comunque di un privato che fa attività prevalentemente con i finanziamenti pubblici non rispondendo alle regole dello stato ma a quelle della proprietà e del mercato.
Ci piacerebbe vedere un giorno che l’edilizia sanitaria possa attingere non al fondo della spesa sanitaria ma ad un fondo dedicato dell’edilizia pubblica. Probabilmente questo aiuterebbe molto a tenere sotto controllo la spesa.
Un beneficio alla dialettica regionale in tema di sanità potrebbe derivare dall’attività del neo istituito Consiglio Sanitario Regionale.
Ad esso demandiamo l’ottimizzazione della politica sanitaria della regione nella speranza che non diventi una Fiera delle Vanità.
E dove ognuno lavorerà nell’interesse del bene comune non a quello della propria categoria di appartenenza.
Ultimo aggiornamento
23 Marzo 2016, 06:48