Esiste una questione meridionale in Sanità?
[3.9.
Data:
3 Settembre 2015
[3.9.2015] Da qualunque prospettiva la si voglia vedere, la risposta è si!
Le cause economiche la fanno da padrone. La povertà è in crescita. Il Pil nel Meridione è calato quest’anno dell’1,3%. Cioè, siamo ancora più poveri e produciamo di meno. Dal 2007 ad oggi, la sua riduzione è pari al 13%. Un numero particolarmente drammatico e che la dice lunga riguardo a tutte le previsioni di crescita del Mezzogiorno che da più parti ascoltiamo.
E la Sanità non può che risentire di questo impoverimento delle regioni meridionali dove la qualità della vita è sempre più scadente. Se prendiamo, ad esempio, i nati nel triennio 2009 – 2011, la loro probabilità di morte entro l’anno era di 1.3 volte maggiore rispetto alle regioni del centro Italia e 1,4 volte maggiore rispetto a quelle del nord. Questo è un indice di povertà maggiore e diretta conseguenza del peggiore stato di nutrizione della popolazione meridionale. Una maggiore povertà predispone ad una maggiore incidenza di malattie e di cronicizzazione delle stesse. E’, infatti, al Sud che si osserva un maggior ricorso alle ospedalizzazioni per le cronicità, anche per mancanza di una politica sanitaria del Territorio. Lo dimostra anche il numero dei pazienti in ADI tra le varie regioni Italiane. Se prendiamo il dato del 2012, abbiamo al nord 1656 assistiti ogni 100.000 abitanti, al centro 895 ed al sud e isole 788.
La carenza della medicina del territorio è evidente anche nelle attività di screening dove minore è il ricorso della popolazione meridionale per quanto riguarda la prevenzione dei tumori della mammella e del colon.
Al sud è anche maggiore la quota delle persone che rinunciano alle prestazioni specialistiche perché non hanno i soldi per pagare i tickets. Il loro numero raggiunge il 13% vs il 5.5% del nord, dati del 2013.
La maggior parte degli osservatori ritiene che questi dati siano la diretta conseguenza del controllo della spesa nelle regioni in Piano di Rientro, e che sono maggiormente meridionali. Questa politica restrittiva, se ha portato ad un miglioramento della spesa sanitaria, ha comportato una riduzione dei LEA. Questo dimostra come il miglioramento dei conti è stato raggiunto a discapito dell’accesso ai servizi sanitari. Tale difficoltà di accesso e le lunghe liste di attesa hanno indotto parte della popolazione, specie del meridione, per accedere in maniera più rapida agli esami diagnostici,a pagarsi le prestazioni di tasca propria.
Questo stato di difficoltà nell’accesso alle prestazioni ha, anche, portato ad un aumento della mobilità passiva verso le altre regioni del nord dove prestazioni e ricoveri vengono erogati in tempi molto più contenuti. Lombardia, Emilia – Romagna, Toscana e Veneto sono le regioni che presentano una maggiore attrattiva dal sud.
Non parliamo, poi, di quanto i tagli di spesa hanno prodotto sui posti letto, ridotti in maniera drastica e sulle varie figure professionali sempre meno numerose. Il blocco del turnover ha portato ad organici ridotti per i quali, garantire le prestazioni sanitarie, significa, anche, andare contro alle norme contrattuali di regolazione dell’attività lavorativa. Inoltre, queste carenze negli organici, non solo producono l’allungarsi delle liste di attesa per le varie prestazioni, ma si concretizzano anche con il sottoutilizzo di attrezzature di alta specializzazione per la carenza di operatori. Macchine ultramoderne e costate molto danaro pubblico.
La riflessione che ne deriva è che il Sistema Sanitario pubblico non è più in grado di garantire tutte le prestazioni a tutti.
In questa fase hanno buon gioco tutte le forme di assistenza privata accessoria, mutue comprese, che si rivolgono alla popolazione con proposte allettanti ma da verificare nel tempo per costi e qualità.
La paura è che si arrivi ad una “deregulation” della Sanità perché, dove non c’è più controllo, i rischi di prestazioni non più adeguate crescono in maniera esponenziale. Questa paura attanaglia anche noi di USSMO perché i medici ospedalieri sono convinti che solo con un sano controllo delle Istituzioni sanitarie si potrà garantire una Sanità equa e solidale a tutta la popolazione, specie quella meridionale
Ultimo aggiornamento
3 Settembre 2015, 15:28